Restituiti al pubblico gli affreschi del ciclo "La leggenda della Vera Croce" in San Francesco ad Arezzo.
Breve storia del restauro di un capolavoro Non c’è dubbio che tra i grandi restauri del novecento, come gli affreschi di Masaccio nella cappella del Carmine a Firenze o la Cappella Sistina di Michelangelo a Roma, il restauro degli affreschi di Piero della Francesca con La Leggenda della Vera Croce, nella cappella maggiore della Basilica di San Francesco di Arezzo, è certamente il più complesso, difficile e problematico che la nostra generazione ha dovuto affrontare. Agli inizi degli anni 80 gli affreschi ad Arezzo di Piero della Francesca si presentavano danneggiati da alcuni gravi e progressivi fenomeni di degrado che i precedenti restauri non erano riusciti a risolvere. Il più visibile e clamoroso di questi problemi era la cosiddetta "solfatazione", cioè la trasformazione del carbonato di calcio, di cui è costituito l’intonaco che ingloba il colore, in solfato di calcio, cioè gesso. Il colore si presentava come offuscato da una impalpabile polvere bianca e molte parti degli affreschi erano interessate da una miriade di microcadute. Un fenomeno che se non viene fermato porta alla completa distruzione delle superfici dipinte. Alla solfatazione si aggiungevano altri fenomeni di degrado come "sbollature", esfoliazioni, distacchi dell’intonaco dipinto, oltre alle polveri inquinanti e ai resti dei precedenti restauri (consolidanti, resine,ecc). La Soprintendenza aretina, guidata allora da Margherita Lenzini Moriondo, decide di intervenire per salvare dalla sicura e progressiva distruzione il capolavoro di Piero.
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